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salotto culturale del jazz

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Africa

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La musica africana, nel senso di musica “originaria” dell'Africa, viene considerata, da molti studiosi, estremamente eterogenea, in quanto riflette la varietà etnica, culturale e linguistica del continente. In realtà, questa omogeneità è solo apparente, perché all'interno delle tre aree principali dell’Africa settentrionale, Africa sub-sahariana e Africa orientale, esiste una più sottile diversificazione di stili e funzioni sia nella musica etnica tradizionale che nella musica moderna. Anzi, se lo stile musicale deriva ed è associato in buona parte al tipo di cultura e all’organizzazione sociale locale, allora ci si aspetterebbe una grande varietà musicale in Africa, data la diversità sociale che la popola, dai grandi imperi ai gruppi tribali di media entità, fino agli esigui gruppi di pigmei e di boscimani. Pensiamo alla zona sub-sahariana che conta una popolazione di complessive 739,3 milioni di persone che parlano ben ottocento lingue e alimentano una fitta rete di tradizioni distinte ma correlate, che spesso si sovrappongono in specifici stili, pratiche e usi.

J.H. Kwabena Nketia, etnomusicologo del Ghana, definisce lo studio della musica africana a sud del Sahara come "lo studio della diversità nell'unità". Osservate complessivamente dall'esterno, infatti, le musiche africane sub-sahariane mostrano un insieme di caratteristiche e di tendenze comuni, mentre ad una osservazione più attenta risulta evidente la presenza di una grande varietà tra le diverse tradizioni e gli stili espressivi.

Dobbiamo ammettere che le musiche africane, complessivamente, hanno molte cose in comune insite in alcuni principi ricorrenti, forse più che le musiche europee. La poliritmia, la polifonia corale primitiva, i suoni, gli strumenti musicali, la musica d’insieme… queste caratteristiche hanno avuto una grande incisività e ascendenza nel contestualizzare tutta la musica afro-americana. 

È possibile che si tratti di un caso in cui gli uomini abbiano scoperto un modo particolarmente vincente di fare una musica che prima si diffuse per tutta l’Africa per poi divenire il marchio degli africani costretti a sfruttarla nel modo migliore per la sopravvivenza in America. Come se i vari gruppi etnici africani, forzati a vivere insieme e parlando linguaggi diversi, possano aver trovato proprio in questa stretta somiglianza delle musiche e in questi tratti comuni, un elemento per comunicare insieme. 

Un interessante studio comparativo di Herskovits (1945), sul fenomeno conservativo della cultura in America mise in evidenza che la musica, e in secondo luogo la religione, tendevano a mantenere un carattere originario africano più delle altre attività. Questo certamente non deve intendersi come una forma di cristallizzazione culturale che si oppone al sincretismo, ma  giustifica il tentativo di preservare in vita le radici, il passato e la memoria storica collettiva in un contesto che rischiava di annientare l’essenza identitaria di un popolo. 

La realtà, ovviamente, si può ritrovare nelle molteplici sfaccettature, l’importante è non lasciarsi sfuggire un elemento fondamentale, che le società del mondo sopravvivono legando il presente al passato e la musica gioca un ruolo significativo e indispensabile in questo processo proprio attraverso la capacità di mantenere salde tradizioni e costumi.

Tra i molteplici aspetti della musica africana, quelli che approfondiremo sono la poliritmia e le caratteristiche sonore, la funzione sociale della musica in Africa, ed infine il fenomeno dei Griot 

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Griot
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