

SARA’ SICURO VENIRE A SCUOLA DI MUSICA? QUALI SARANNO LE MISURE DI PREVENZIONE ANTI COVID PRESE DA OFFICINE MUSICALI PER FARE LEZIONI DI MUSICA IN SICUREZZA?
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La ragione per cui abbiamo deciso di chiudere la scuola prima del lockdown è proprio perché non abbiamo voluto mettere a rischio i nostri allievi. Anche se in Italia i numeri relativi all’andamento del Covid-19 sollevano una certa preoccupazione, gli esperti sostengono che rispetto alla scorsa primavera, la situazione è ben diversa perchè il paese ha imparato ad affrontare l’emergenza con misure preventive e cautelative. All’interno della scuola delle Officine viene garantita una regolare sanificazione delle aule e degli strumenti, la bonifica degli impianti di areazione e un completo ricambio d’aria all’interno dell’aula. Le regole che siamo tenuti a rispettare sono poche e semplici: disinfettarsi le mani con il gel appena si entra, usare la mascherina negli spazi comuni mantenere la distanza di un metro, viene chiesto un monitoraggio personale della temperatura: chi ha una temperatura superiore a 37 gradi non potrà venire a scuola. Le lezioni verranno recuperate in ogni caso.
L’ampiezza delle aule garantisce una distanza dall’insegnante superiore al metro e mezzo. Per Laboratori e altre attività che prevedono la presenza di più persone vige lo stesso criterio: protezione, distanza e limite massimo di persone consentite nell’aula. Per quanto riguarda le attività corali, vista l’impossibilità di portare la mascherina, abbiamo deciso di garantire una protezione con pannelli di plexiglas.
Speravamo che tutto fosse finito con l’estate, ma evidentemente le discoteche, i locali pieni e le spiagge gremite non hanno permesso la regressione del virus. Noi siamo ancora qui a cercare di fare quello che il comune buonsenso avrebbe dovuto suggerire… e non è poi così duro. Studiare uno strumento non è come andare in discoteca.
Facciamo tutto il possibile per non dover tornare a chiudere le scuole… BASTA SOLO UN POCO DI ATTENZIONE.

salotto culturale del jazz
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Le origini del jazz e il contesto sociale​
​“Quando due popoli si incontrano spesso si combattono, ma sempre si meticciano”- Paul Rivet
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Il panorama musicale, oggi, sarebbe profondamente diverso se alcuni episodi, in gran parte tragici, non avessero re-indirizzato il corso della Storia. Comprendere la complessità musicale significa interrogarsi sulle dinamiche interculturali tra mondo europeo, il mondo africano e quello orientale. Le diverse e molteplici musiche, generate dall’incontro di culture e popoli differenti, rappresentano una fedele lettura interpretativa di quella che fu la condizione del nero, dal tempo dei primi schiavi deportati ai cittadini afro-americani. Interessante sono i diversi fenomeni sincretici emersi in riferimento alla reale possibilità di incontro con l’altro, ovvero, alle occasioni di socializzazione. Mentre negli incontri mancati si verificò una conservazione della musica e delle tradizioni (Sudamerica e isole), nelle zone dove si ebbe invece un contatto più ravvicinato tra neri e bianchi (Nordamerica), si manifestarono fenomeni di sincretismo. Senza lo spostamento forzato di milioni di africani in terra d'America oggi non esisterebbero non soltanto il jazz e il blues ma probabilmente neppure il rock, e le musiche pop suonerebbero molto diverse da come le conosciamo.
La musica afroamericana, dal Cinquecento ad oggi, attraversa un itinerario frastagliato che si muove in una doppia direzione: l’andata riguarda le grandi migrazioni europee ed africane e come queste si intrecciarono in un territorio straniero e il ritorno riguarda il fluire in senso inverso della cultura afro-americana, soprattutto dalla Seconda guerra mondiale, verso l’Europa e il resto del mondo.
Il problema è capire come la musica europea e degli schiavi deportati dalle coste atlantiche dell'Africa si sia intrecciata con tutte le altre culture musicali che incontrò nel nuovo mondo e come i nuovi linguaggi afroamericani abbiano influenzato poi quelli di origine. Possiamo dire, ed è un paradosso interessante, che il jazz non abbia più fatto ritorno nella terra in cui affonda le sue radici. L’Africa nera, infatti, non ascolta questa musica, gli africani dei paesi che si affacciano sull' Atlantico, quelli da cui partirono gli schiavi, preferiscono ad esempio la musica cubana che, rispetto alla musica del Nordamerica, ha preservato molte più similitudini con quella africana. Questo testimonia che l'origine del jazz non è meramente africana ma va ricercata negli innesti tra culture diverse che hanno prodotto una musica “altra”, che non esisteva prima.
Prima di analizzare le relazioni tra questi tre mondi, bisognerebbe ripercorrere le radici antropologiche e gli sviluppi delle rotte musicali, tentando di enucleare, dalle vicende originarie, gli elementi destinati a modellare il paesaggio sonoro del Nuovo Mondo.
Il tentativo che qui viene fatto è quello di ripercorrere, per quanto possibile, un viaggio a ritroso, nelle radici sia storiche che geografiche, andando a visitare quei luoghi dove è possibile scorgere una “fonte culturale”, nella consapevolezza che, come afferma Amselle, il “meticciato originale” ci porta inevitabilmente ad una indefinitezza delle origini, per quanto noi volessimo rivisitare un’ identità originaria, non riusciremo mai a raggiungere una linea dalla quale partire. Se il popolo afroamericano è principalmente una commistione tra culture africane ed europee, l’Africa e l’Europa hanno avuto a loro volta influenze importanti con il mondo arabo che, a sua volta, ha visto migrazioni e commistioni interetniche che ci conducono verso popoli diversissimi come i berberi, gli indiani, e così via. Ad esempio gran parte dell'Africa sub-sahariana ebbe con il resto del mondo contatti più ridotti, spesso limitati al fenomeno della tratta degli schiavi neri da parte delle jihad arabe (alla fine del XVIII secolo), le cui tracce permangono a vari livelli nella religione, nella lingua, nella scrittura e in alcuni stili specifici musicali.
I contatti fra le civiltà afro - musulmane e le zone tipicamente nero-africane, portano ad una migliore comprensione dei processi evolutivi della musica afro-americana e neo-africana. Gianfranco Salvatore (1985) sostiene l’esistenza di un “sostrato islamico” nel jazz. Egli ricerca, nei contatti fra l’Islam e la civiltà africana, il luogo del sincretismo afro-asiatico che ritroviamo in quegli elementi musicali evidenti nel jazz, quali antifonie, responsori, monodie a domanda e risposta, riff e fours.
Entriamo, ora, nello spazio culturale dei tre continenti.
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